La mia storia

Le origini… 

Classe 1984, sono nata nelle Marche sotto il segno dei Gemelli, con una bellissima Luna in Pesci. I primi anni della mia vita sono quelli con i ricordi più belli, ero una bambina vispa e piena di vita, sin da allora molto eclettica e curiosa. Il periodo della scuola non è stato molto bello: sia a scuola che a casa ho ricevuto un’educazione ferrea, che mi ha condizionato soffocando sempre di più il mio lato giocoso e creativo. Lentamente mi ero trasformata in una ragazzina ligia al dovere, che aveva la perfezione come massima ambizione.

Con l’università speravo di trovare una via di fuga da quel sistema e così mi sembrò all’inizio. Vivere fuori casa ed iniziare ad assaporare la responsabilità mi piaceva, e questo mi aiutava anche nello studio. La scelta dell’università non era stata facile perché i miei mille interessi non facilitavano il prevalere di una strada rispetto ad un’altra. Trovai il giusto compromesso con la triennale in Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, dove arte, architettura, restauro, chimica e fisica si univano in modo poliedrico.


La vulvodinia…

Al secondo anno però, all’età di 21 anni, iniziò il mio calvario con la vulvodinia. All’inizio non sapevo che questo era il nome di ciò che mi tormentava, un bruciore urente alla vulva costante, sensazioni di punture di spillo, dispareunia, cistiti ricorrenti… Ho girato per anni da un ginecologo all’altro senza avere una risposta, mi propinavano soltanto medicine che altro non facevano che farmi stare sempre più male.

Nonostante questo perenne stato di dolore pelvico, il mio senso del dovere non mollava la presa e, anche se un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, mi sono laureata con il massimo dei voti, e a seguire mi sono trasferita a Ravenna per frequentare la magistrale in Scienze per la conservazione e il restauro dell’Alma mater Studiorum di Bologna.


Gli anni bui… 

Povera Ravenna, quanto l’ho odiata… Per me Ravenna era diventata una gabbia perché la associavo ad una vita che non mi apparteneva, ma non ne ero ancora consapevole. La specializzazione prevedeva materie molto più “fredde” e tecniche, ma nonostante fossero complesse, superavo ugualmente gli esami con voti molto alti. La mia vita affettiva era costellata da delusioni e la salute peggiorava giorno dopo giorno fino a non riuscire più a camminare con disinvoltura.

Poi la mia curiosità e la mia resilienza mi hanno salvato, e navigando online mi ritrovai nei sintomi della vulvodinia. Nel 2010 mi rivolsi ad uno specialista che confermò la mia ipotesi: vulvodinia di medio-alta intensità. Da lì iniziò il mio percorso di guarigione, fino ad arrivare ad una risoluzione della patologia del 90%. E pensare che all’inizio, visto il mio stato iniziale, la prognosi non arrivava al 30%!!


Il cancro… 

Nel 2015, dopo un lungo periodo di stop causato dalle cure per la vulvodinia, mi sono laureata con lode alla Magistrale, una laurea che avevo voluto con tutta me stessa perché io non ero una che lasciava le cose a metà. Però, nonostante il completamento degli studi, non mi sentivo realizzata ed ero spaventata dal non riuscire ad immaginare nulla del mio futuro prossimo. Ed è qui che è arrivata la “batosta”… Tre mesi dopo la laurea, in seguito a dei forti dolori al torace, una tac d’urgenza segnalava qualcosa che non andava: noduli ad entrambi i polmoni e linfonodi del torace e del collo ingrossati. Qualche giorno dopo approdai da uno pneumologo che nominò per la prima volta la parola “linfoma”. Fu il giorno più brutto della mia vita. Mi sentivo completamente disorientata e spaventata, era come se qualcuno improvvisamente mi avesse risvegliato da un lungo letargo con una martellata. Dopo tutto l’iter diagnostico arrivò la conferma dalla biopsia: linfoma di Hodgkin al quarto stadio, il più grave.


La chemioterapia… 

Il primo passo è stato il taglio dei capelli. Non ero preoccupata dal fatto che li avrei persi, solitamente questo spaventa molti, soprattutto le donne, invece io ero talmente concentrata sul voler guarire che per me era un problema secondario. Il momento del taglio però non è stato facile perché era la prima volta che comunicavo la malattia al di fuori della mia famiglia. Di fronte allo sbigottimento della parrucchiera alla notizia ed il mio conseguente pianto a dirotto, ho preso la miglior decisione che potessi prendere in quella circostanza, ossia di non dire più niente a nessuno della mia malattia (ad eccezione della famiglia e gli amici stretti), almeno fino a quando non ne fossi uscita fuori. Questo mi ha preservato da tanti sguardi indiscreti e ha fatto sì che tutelassi tutte le mie energie, perché me ne servivano parecchie e non volevo che andassero sprecate a causa dei pregiudizi. Purtroppo la convinzione sociale che il cancro è sinonimo di morte è ancora molto forte. C’è da dire però che non ho mai dato modo a nessuno di pensare che stessi male perché non mi sono mai trascurata nemmeno un giorno: una bella parrucca ed un bel trucco e via. Ogni giorno di vita in più era per me una conquista e per questo il sorriso non mi è mai mancato.

Affrontare gli effetti collaterali della chemioterapia non è stato facile, ciclo dopo ciclo (ne ho fatti 7!!) ero sempre più debole fisicamente, sempre più intossicata dai chemioterapici che però mi stavano salvando la vita al tempo stesso. Quello che più mi è pesato sono stati i problemi agli occhi, non sopportavo la luce e non riuscivo a leggere i libri che comunque acquistavo confidando che un giorno sarei riuscita a studiare (libri di crescita personale, ovviamente). Però questa sorta di isolamento forzato dall’altro lato mi ha aiutato a rallentare e ad iniziare ad ascoltare ciò che davvero volevo.


La rinascita… 

Di fronte ad un evento del genere improvvisamente tutti gli altri problemi si erano declassati di importanza. Ora quello che contava era solo riprendere in mano la mia vita per poter avere una nuova occasione per essere davvero felice, perché finalmente avevo capito che non lo ero. Il percorso della chemio è stato quasi un percorso iniziatico, dove passo dopo passo ho acquisito nuove consapevolezze e si è costruito di fronte a me un futuro meraviglioso, pieno di interessi da coltivare e passioni da riscoprire. Di fronte alla morte io ho riscoperto la vita, ero cieca e sono tornata a vedere!

Infusione dopo infusione il mio percorso di vita si creava con una naturalezza mai vissuta prima; nella “vita di prima” (ormai la chiamo così) era tutto difficile, una forzatura continua, ogni cosa mi richiedeva uno sforzo spropositato. Quando invece sei sulla strada della tua vera autorealizzazione, ogni cosa ha un sapore più dolce, anche le difficoltà.

Ho usato principalmente due ingredienti per riuscire a superare tutto quello che mi è successo: mollare il rancore e la rabbia, e avere davanti un futuro che volevo con tutta me stessa.

Ho scoperto sulla mia pelle che il rancore è tossico, ben più dei farmaci della chemio, perché ti divora dentro, ti offusca la vista facendoti vedere tutto nero. La rabbia è soltanto una palla al piede che ti fa rimanere indietro, una zavorra inutile da cui è possibile liberarsi. Ho imparato che il perdono, prima di tutto di se stessi, è l’unica chiave di volta per superare il rancore ed andare avanti verso una vita finalmente libera.

È fondamentale poi avere una valida ragione per vivere, un progetto di vita che motivi a stringere i denti fino alla fine. La costruzione del proprio futuro richiede impegno e determinazione, ma quando si assecondano le proprie potenzialità si ha nettamente una marcia in più. Nonostante i miei studi “ufficiali” sono sempre stata appassionata di empowerment e di potenziale umano. Avevo frequentato diversi incontri e percorsi di crescita personale in passato, e stavolta sentivo che era quella la strada giusta. È stato questo il carburante che non mi ha fatto mollare mai. Durante la chemioterapia ho sperimentato su di me anche l’efficacia della cristalloterapia e dei mandala, che prima conoscevo solo superficialmente. Ancora dovevo terminare i sette cicli previsti e già iniziavo con le prime telefonate per avere informazioni sui corsi di coaching. Quello era ciò che volevo con tutta me stessa, e l’ho ottenuto! Ho vinto la mia battaglia contro il cancro, e con essa ho vinto anche la vulvodinia perché quel 10% che mancava era già tutto dentro di me e solo io potevo risvegliarlo. La mente è un’alleata imprescindibile per poter superare qualsiasi malattia, anche il cancro! Un approccio positivo e l’adesione incondizionata a se stessi sono una medicina quanto quella ufficiale, ed in più non ha effetti collaterali!


Giorgia oggi…

Oggi sono una donna rinata, felice della vita che ha costruito con tanta determinazione e passione. Le cicatrici del corpo sono lì a ricordarmi le battaglie che ho dovuto affrontare ed anche quanto sia importante rimanere fedeli a se stessi per essere felici. La professione che ho scelto è diventata ormai una missione: ho provato sulla mia pelle quanto sia importante assecondare se stessi e seguire le proprie potenzialità, e vorrei essere d’aiuto per chi sta cercando la propria strada, così come l’ho cercata anch’io. Ho imparato che la felicità non è un miraggio ma è possibile costruirla giorno per giorno seguendo la propria autorealizzazione. La malattia è stata il mio migliore insegnante, magari un po’ crudele ma sicuramente efficace; mi ha aperto gli occhi e mi ha permesso di non vederla più come una sfortuna ma come un’opportunità di realizzare me stessa.