Cancer coaching: l’allenamento della speranza

Lo scorso 29 settembre si è tenuto a San Benedetto del Tronto il convegno “Malattia e cambiamento: un approccio multidisciplinare alla malattia oncologica”. È stata affrontata la tematica del cancro da diversi punti di vista, in relazione al cambiamento che questo apporta nella vita di chi purtroppo si trova a doverlo affrontare. È stato emozionante vedere così tante persone avvicinarsi a questa tematica che ancora in troppi rifuggono.

Nel mio piccolo ho cercato di fornire un punto di vista più positivo attraverso il coaching con cui è possibile sviluppare un approccio proattivo e costruttivo nei confronti della malattia, senza viverla come una sconfitta ma come un’opportunità di cambiamento ed evoluzione.

Il mio intervento dal titolo “Cancer coaching: l’allenamento della speranza” ha avuto l’obiettivo di proporre un nuovo modo di vedere la malattia oncologica mettendosi in gioco in prima persona. In molti pensano che la guarigione dipenda soltanto dalla cura che il medico ci assegna, da quanto questa sia efficace o meno, quando invece anche noi abbiamo le nostre responsabilità di quello che ci accade: noi prendiamo parte in modo attivo sia al ritornare che al mantenerci in salute, attraverso le nostre convinzioni, i nostri sentimenti ed atteggiamenti, oltre a tutti quegli aspetti biologici che conosciamo tutti (l’alimentazione, l’attività fisica, ecc.).

Ma cosa sono le convinzioni? Quanto influiscono sul nostro benessere?

Le convinzioni sono delle credenze, delle aspettative, che possono essere sia positive che negative, rispetto a qualcosa o qualcuno. Quando le convinzioni sono negative condizionano in modo anche molto importante i nostri pensieri e le nostre emozioni. Le convinzioni negative più deleterie e più radicate sono quelle sociali, in particolar modo per quanto riguarda l’ambito oncologico. Quella più comune è che il cancro è sinonimo di morte, che non c’è possibilità di scampo. Di fronte a queste convinzioni malsane possiamo però scegliere se farci condizionare o prenderne distanza. Inoltre le convinzioni negative possono a loro volta essere trasformate in positivo, e quindi “il cancro è sinonimo di morte” può diventare “il cancro è una malattia che può essere o non essere fatale”; in questo modo la nostra percezione cambia e non ci sentiamo soffocati da quella che sembrava una sentenza.

Nell’ambito oncologico il coaching è un validissimo strumento per cambiare queste convinzioni, e non solo. È un metodo di cambiamento che si basa sull’allenamento delle potenzialità, cioè quelle risorse allo stato embrionale che premono per uscire. Quando si parla di cancro ci troviamo di fronte ad una caratteristica che accomuna tutti quelli che lo vivono sulla propria pelle, ossia la repressione della potenzialità della speranza. Le potenzialità quando vengono espresse sono fonte di emozioni positive, ci fanno stare bene. Quando invece ci troviamo di fronte alla malattia questa potenzialità viene soffocata e questo contribuisce a generare emozioni negative.

La speranza non è intesa come un confidare in qualcosa o qualcuno, come ad esempio il confidare nella competenza del medico che ci sta curando; questo tipo di affidamento è passivo perché si delega il proprio futuro a qualcosa che è al di fuori del nostro controllo. La speranza intesa come potenzialità ha un significato più profondo ed anche più impegnativo perché comporta un profondo senso di responsabilità e l’attivarsi in prima persona. Infatti la speranza è la facoltà di prefigurare il futuro cambiando il presente attraverso l’individuazione dei propri desideri, la loro elaborazione e la trasformazione di questi in obiettivi e strategie per raggiungerli.

I desideri nascono da una mancanza, non si desidera ciò che si ha già; il termine “desiderio” infatti deriva dal latino e significa “mancanza delle stelle”, lontananza da qualcosa che dona calore e luce. Noi desideriamo però un qualcosa che pensiamo di poter avere, ciò che sentiamo potenzialmente parte del nostro essere. Se però ci fermiamo al solo desiderare, senza applicare ai desideri la volontà di realizzarli, questi ci lasciano immobili e completamente passivi a ciò che accade. È un’attesa senza scopo reale.

La speranza invece è uno step in più, un passaggio ulteriore rispetto al desiderio perché a questo viene aggiunto un atto di volontà, quindi è volontà + azione. La speranza è un divenire proattivi di fronte a ciò che vogliamo, quindi diveniamo protagonisti attivi della nostra vita e del nostro futuro, trasformando i desideri in obiettivi concreti. È importante che siano concreti perché la speranza si basa sul principio di realtà: non è un semplice fantasticare ma è un andare incontro ad una meta realisticamente raggiungibile.

La speranza è infatti l’apertura del possibile.

Umberto Galimberti

La speranza può essere considerata la potenzialità principe attraverso cui si allenano anche le altre potenzialità, ma è vero anche il contrario. Attraverso le altre potenzialità possiamo far riemergere la speranza quando questa viene repressa, come appunto di fronte alla malattia. Una potenzialità che solitamente è d’aiuto in questi casi è la creatività, ossia la facoltà umana di produrre nuove idee per migliorare la vita. Essendo la speranza comunque un processo di creazione concreto del futuro desiderato, la creatività può contribuire a ravvivarla. Sono molto efficaci tecniche di arteterapia e di benessere come i mandala e le visualizzazioni. I primi aiutano a spostare il focus (quindi a non rimanere troppo concentrati sul problema della malattia), ad indurre rilassamento (interrompendo il flusso di pensieri rallenta anche il respiro) e promuovono l’attivazione di processi creativi che contribuiscono all’autocostruzione di desideri. Le visualizzazioni invece, attraverso la produzione guidata di immagini mentali, aiutano a prefigurare il futuro desiderato, andando oltre l’ostacolo della malattia. Carl Simonton, oncologo radio terapeuta americano, fu un pioniere delle visualizzazioni in ambito oncologico e ottenne risultati incredibili anche in casi dove la medicina non poteva più essere d’aiuto.

La speranza è importante nel percorso di guarigione. Immaginate il futuro desiderato.

Dr O. Carl Simonton

Di metodi per andare oltre l’ostacolo della malattia ne esistono, la speranza può essere allenata. Non ci sono più scuse per non prendere parte attiva al proprio ritorno in salute o al realizzarsi nonostante la malattia.

© Giorgia Mauloni

 

Ecco il video del mio intervento al convegno “Malattia e cambiamento: un approccio multidisciplinare alla malattia oncologica”

 

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